sabato 21 marzo 2015

Lettera aperta a Sua Santità Papa Francesco


                      Lettera aperta a Sua Santità Papa Francesco

Sua Santità, Papa Francesco
Palazzo Apostolico
00120 Città del Vaticano

Oggetto: Lettera aperta a Sua Santità Papa Francesco

Sua  Santità,
La pace sia con Lei.
Rivolgo a Lei il mio saluto sincero.
Mi chiamo Abdelmjid El Farij, sono uno studente marocchino - Giornalista e documentarista - che vive a Torino.
Sono onorato di scriverLe proprio in questo giorno, il 21 marzo, l’inizio della primavera e la Giornata mondiale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali.  E’ una giornata ancora più importante, oggi, alla luce dei fatti più recenti con gli attacchi terroristici di cui il mondo è testimone. Questi episodi, infatti, alimentano la paura dell’altro, l’intolleranza e il razzismo.
Le scrivo, Sua Santità, perché anche io, un paio di mesi fa, sono stato vittima di un episodio di intolleranza proprio mentre mi trovavo in Vaticano.
Vorrei raccontarLe nel dettaglio quello che è accaduto.
Era il 25 ottobre, un sabato, e io e mio fratello Hicham eravamo a Roma per partecipare alla Marcia per il lavoro, la dignità e l’uguaglianza organizzato dalla Cgil. Al termine della manifestazione abbiamo deciso di visitare il Vaticano e siamo andati in Piazza San Pietro. Nella piazza abbiamo incontrato una suora alla quale abbiamo chiesto se era possibile entrare nella Basilica.
La suora ci ha guardato e ci ha risposto: “Siete mussulmani?”. Noi abbiamo detto di sì. “Dio per tutti”, ha risposto la sorella. Allora io ho insistito: “E’ possibile visitare la Basilica di San Pietro?”
“Non se avete cattive intenzioni”, ci ha risposto. Questa risposta ha scosso molto sia me che mio fratello, Sua Santità. La sorella è andata via e noi siamo rimasti in piazza con la sensazione di essere arrivati nel momento sbagliato.
Eravamo arrivati a Roma con l’idea di partecipare ad una marcia, quella della Cgil, che promuoveva i valori dell’uguaglianza nel mondo del lavoro e nell’intera società. Avevamo deciso di partecipare ad una manifestazione che era partita con lo slogan “cambiare l’Italia”, perché studiamo in Italia da anni e ci sentiamo a casa  a Torino dove viviamo. Questo impegno per un mondo con più uguaglianza e meno discriminazioni è diventato anche l’oggetto di un film che stiamo girando a Torino: parla proprio di un episodio di razzismo  che abbiamo subito in città nel 2012. Un fatto che abbiamo superato solo con tre anni di dialogo e lavoro sulle nostre individualità. Purtroppo mentre stavamo cercando di guarire quella ferita ancora aperta, in un momento e in un luogo inaspettato, siamo stati colpiti ancora. La fratellanza tra i popoli e tra gli esseri umani, in cui sia io che mio fratello crediamo fermamente, non è stata possibile in un luogo tanto sacro.
Ci dispiace che il solo fatto di essere mussulmani abbia indotto la suora a credere che avremmo potuto avere brutte intenzioni. La nostra volontà di entrare a San Pietro era dettata solo dal desiderio di conoscere e visitare la Chiesa che è simbolo di una religione tanto importante e tanto diffusa.
Credo che questo non dovrebbe succedere quando c’è conoscenza delle altre culture e delle altre religioni.  Sua Santità, io sono cresciuto a Rabat, in Marocco. Lì ci sono chiese, sinagoghe e moschee e io conservo bellissimi ricordi di convivenza pacifica tra le religioni. Le suore in Marocco lavorano per aiutare i bambini della mia città e molti dei miei fratelli avevano usufruito dei loro servizi.
Ricordo le suore che ho incontrato a Cuneo in occasione di  alcune attività per i giovani. Ricordo anche le sorelle di Porta Palazzo, a Torino, che aiutano le donne mussulmane.
Gli esempi positivi sono tanti, ma sono convinto che sia il momento di ribadire con ancora maggiore forza il concetto che l’Islam non significa terrorismo.  Per questo Le scrivo, Sua Santità, per chiederLe, con la Sua immensa misericordia e bontà, e per il rispetto che ha sempre testimoniato verso tutte le altre religioni, di diffondere questo concetto. La paura dell’Islam che si è infiltrata nelle menti di molte persone  è preoccupante. Credo che la voce di Sua Santità servirebbe a tranquillizzare chi ha paura e a portare più pace e fratellanza tra i popoli.
Convinto che la conoscenza e il dialogo siano essenziali per una buona comunicazione, sarebbe per me un grande onore poterLa incontrare per rivolgerLe domande su cui sarebbe motivo di grande gratitudine poter ricevere il pensiero di Sua Eminenza. Sono domande che arrivano dalla mia comunità mussulmana, da immigrati e italiani che ho conosciuto nella mia vita a Torino, ma allo stesso tempo sono domande che riguardano tutto il mondo e la convivenza tra esseri umani.

Con ogni migliore augurio a Sua Santità, cordialmente

Abdelmajud El-Farji
Studente/ Giornalista e documentarista

Via Montanaro, N 66 Torino 10154
Cellulare: 3272325175. Blog: ecomagid. Blogspot. it
                                                                                                                                    Italia, Torino, 

21 marzo 2015


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